Quando si va a Roma, non si può non passare per il Colosseo. Quando si va a Londra, non si può non passare per il Big Ben. Quando si va sul tabellone di Risiko, non si può non passare per il Kamchatka. E al Lido? Al Lido, che tu sia un giornalista, un turista, un vero ricco, un finto ricco, un maniaco delle star, non puoi non passare per l’Hotel Excelsior. Posizionato in un punto strategico, è tappa obbligata tanto quanto le sale di proiezione dei film. In effetti, ho visto giornalisti aguzzare la vista più all’Excelsior che nelle sale di proiezione dei film. E come mai è così importante? Perché chiunque può entrare e chiunque, in definitiva, passa di lì; l’Excelsisor attira la gente come Cameron attira gli Oscar. Dalle star in ascesa a quelle in discesa, dai megacritici di cinema ai presentatori della tv spalmati di cerone, tutti fanno un giro perlustrativo, perché non si sa mai. E poi insomma, vogliamo forse mettere in discussione l’ebbrezza di camminare su quei marmi tirati a lucido, su quei tappeti di agnellino, circondati dal profumo di costosi deodoranti per ambienti e mondanità? Ricordo la mia prima volta all’Excelsior, lo scorso anno. Ci ho messo 20 minuti per decidermi ad entrare: ero certa che, appena varcata la soglia, sarei stata polverizzata dal laser della spocchia. E invece no, all’Excelsior sono tanto magnanimi da permettere anche a noi poveri mortali di fare giretti un po’ ovunque, lì dentro. Da quella volta, entro spesso; un po’ per darmi allo stalking da noia, un po’ per ricodarmi le cose importanti della vita. Ad esempio, tutte le volte guardo il bar sull’elegate terrazza sul mare, pieno di tavolini liberty, frequentato da donne in lustrini e maschi impacchettati, e tutte le volte mi verrebbe voglia di sedermi e di prendermi un caffè. Però girano voci di corridoio maligne, secondo le quali un caffè e un’acqua lì costerebbero quasi quanto il megacofanetto bluray di Twin Peaks che il mio ragazzo mi ha regalato a Natale. E, sinceramente, se devo scegliere tra Laura Palmer e le donne in lustrini, scelgo Laura Palmer. Tanto, il cellophane in cui sono avvolte è lo stesso.
Venezia70 – Cozze e Gongole: quella bettola chiamata Excelsion
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