Lester Ballard è un disadattato che vive ai margini della società, senza una famiglia, privato delle sue proprietà. La sua violenza esplicita, la completa mancanza di buon senso lo rendono una creatura mostruosa su ogni fronte; la sua umanità è repressa sino all’estremo, soffocata con la forza da mani immaginarie, la sua costante e drammatica solitudine fanno di lui un animale in piena regola. Al pari di Frankenstein, creato, rifiutato e odiato dall’uomo stesso, Ballard – nato dalla mente e dalla penna di Cormac McCarthy – è l’ennesimo prodotto di una società che rifiuta il debole; una cultura che non conosce il significato delle parole ‘aiuto’ e ‘umanità’. Il risultato è una follia sempre crescente, un odio senza freni, che portano all’esplosione dell’istinto omicida e della perversione (intesa nella definizione classica di ideazione e perseguimento di comportamenti distorti rispetto al senso comune).
James Franco scrive e dirige con assoluto piglio d’autore un’opera difficile da rappresentare e da digerire; i luoghi sono drammatici come la gente che li calpesta, la regia è elegantemente ruvida, grezza, sporca quanto la sceneggiatura che affonda senza remora alcuna il comune senso del pudore. Sullo schermo vivo, ad esplodere è invece uno Scott Haze in piena modalità pazzia, animale in senso estremo completamente mosso dal genio creativo. Il grande rimpianto è però la costruzione: il montaggio sperimentale, la colonna sonora sempre al di sotto di svariati decibel, la brutalità visiva volta all’eccesso rendono la visione difficile e raccomandata a soli stomaci di pietra. Non sarebbe guastata neppure una durata del progetto più essenziale. Consola la crescita artistica di un artista (Franco) sempre più eclettico e padrone del set, spinto unicamente dalla propria libertà e indipendenza.