Un Boss in Salotto: La Recensione

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Una cinepastiera l’ha definita il regista, e ci ha preso. Sì perché questa nuova commedia di Luca Miniero (Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord) non bisogna confonderla, a dispetto del periodo d’uscita, con i compagni di sala vacanzieri. È tutt’altro genere ma questo non vuol dire che sfugga ai soliti difetti di fondo delle commedie nostrane. Primo problema: manca la comicità. Un film che si ripropone proprio nella sua struttura di fondo di far ridere non ci riesce, tranne che in alcuni brevi momenti. Non basta il talento della Cortellesi (fastidiosa a volte nel suo finto accento del nord) e del caratterista Papaleo per uscire da quel confine in cui rimane impantanato tutto il film, dove da una parte si ha paura di eccedere nei soliti sketch già visti, dall’altra si teme di essere troppo retorici nel sottolineare questo divario sud-nord che ormai è stato rivisitato (dallo stesso regista tra l’altro) forse un po’ troppo. E allora si prova a scherzare sulla camorra, sulla crisi familiare ed economica, sul rinnegare le origini per poi costruire alla fine dei conti una commedia innocua, buonista, che non infastidisce ma che non lascia niente allo spettatore.

Un merito sostanziale però il film ce l’ha ed è ben evidente anche con i suoi limiti, cioè quello di aver provato ad uscire da quel grande buco nero che da qualche decennio troppo facilmente si tende a ricondurre sotto la denominazione di “commedia all’italiana”. Dietro a questa definizione si nasconde infatti la grande superficialità con la quale vengono girate le nostre commedie, senza tenere spesso conto del fatto che il cinema è fatto anche di tecnica. Miniero sembra averlo capito e nelle sue inquadrature, nell’uso della musica (anche questa a volte esagerata e usata in maniera stereotipata) e nella direzione equilibrata dei suo attori si nota una certa originalità, che però non basta a salvare del tutto la pellicola.

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