RomaFF: Lei, La Recensione del film di Spike Jonze

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Stiamo diventando, senza rendercene conto, macchine incapaci di seguire i sentimenti più puri, di mediare, di ascoltare le persone che ci stanno accanto.

Avete mai pensato a quanto la tecnologia governi ormai le nostre vite? I cellulari, nel senso classico di “strumenti utili soltanto a telefonare in mobilità”, non esistono più da quasi una decade, siamo connessi con il mondo e con internet ogni giorno dal momento in cui apriamo gli occhi finché non li richiudiamo a sera, in casi estremi anche durante le notti. I dispositivi che ci circondano e accompagnano sono talmente avanzati che ci offrono la possibilità di parlare e interagire con loro, di comandarli con la sola voce, in un futuro prossimo saranno probabilmente in possesso di una reale intelligenza, di un’autentica anima capace di apprendere, imparare, crescere. È il futuro, davvero non troppo lontano, di Spike Jonze, che trasforma la natura artificiale in essenza umana. Stiamo diventando, senza rendercene conto, macchine incapaci di seguire i sentimenti più puri, di mediare, di ascoltare le persone che ci stanno accanto; rifiutiamo sempre più il contatto fisico e le interazioni perché troppo complicate, tanto da – assaliti dalla solitudine e l’aridità di spirito – abbandonarci fra le braccia virtuali di un’entità elettronica e amorevole, seppur inconsistente, irreale, che ci asseconda, chiedendo pochissimo o niente in cambio.

L’invisibile, specchio dei nostri desideri più semplici, si fa materia nella nostra mente, mentre tutto attorno si fa più etereo, impalpabile, fittizio; le grandi illusioni, come i castelli di carta, sono però destinate – presto o tardi – a crollare generando dolori e amarezze, ovvero il giusto prezzo da pagare per un ritorno all’umanità. Il regista e sceneggiatore statunitense sembra indossare i panni dell’amico Michel Gondry per creare un universo patinato, surreale ma verosimile, riempiendo le righe di una sceneggiatura senza tempo nella quale l’amore è un sogno difficile da conquistare, da trattenere, e l’avvenire è una trappola affascinante ma incredibilmente pericolosa. Insieme alle parole, una regia delicata e una fotografia da premio consegnano gli straordinari Joaquin Phoenix, Rooney Mara e “un’invisibile” Scarlett Johansson alla storia, le lacrime di ogni singolo spettatore completano il dipinto quale ultimo, emozionante contorno. A un salto dall’opera perfetta.

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