Mi sto facendo vecchia. C’era un tempo in cui, sprezzante dei 72 kg di valigia color ciclamino, salivo e scendevo dai treni per Venezia, conquistavo appartamenti di 9 piani senza ascensore portandomela dietro, con tutte le vene del collo di fuori come Danny Trejo, spinta dalla sola volontà di immergermi nel Festival e nel bagno di folla scintillante. Ieri no. Ieri, dalla stazione di Roma alla casa di Venezia, non ho avuto altra scelta se non darmi al metodo più antico del mondo: sfruttare la combo capelli biondo platino/valigia color ciclamino per far credere alla gente di essere ancor più indifesa e stupida di quanto in realtà io non sia, per far sì che qualcun altro si sobbarcasse, pietoso, il peso del mio bagaglio. L’operazione è riuscita egregiamente, senza contare l’impareggiabile sensazione di brio nel vedere qualcuno pentirsi amaramente della propria gentilezza quando tenta di sollevare la tua valigia.
Ma sto divagando. Quello che in realtà voglio dire è che, sì, sicuramente mi sto facendo vecchia, ma è anche vero che questo festival manca di un elemento imprescindibile il quale, come gli spinaci per Popeye, gli anni passati mi faceva schizzare fuori di casa in cerca di avventure. C’è veramente bisogno che vi sveli qual è questo elemento?
Gli anni passati mi sono persa tra le vallate dei bicipiti di Tom Hardy, mi sono inebriata dei riccioli di Michael “Robb Stark” Madsen, mi sono tuffata negli occhi da socio-psicopatico di Joaquin Phoenix.
Quest’anno non c’è nessuno che mi spinga, tra una proiezione e l’altra, a fare quello che io chiamo del buono e sano birdwatching. Certo, c’è stato Edward Norton che, per usare un understatement, si fa apprezzare (nel film di Iñarritu ha una scena di nudo integrale che mi ha fatto gridare al miracolo come Paolo Brosio in pellegrinaggio); però non è in programma l’arrivo di uno qualsiasi dei miei Manzi del Cuore, motivo per cui sono arrivata al Lido con meno entusiasmo del solito. Finché non ho ricevuto un’inaspettata buona novella. Pare che ieri sia sbarcato al lido lui, l’uomo per il quale non esiste terrore di calvizie incipiente, l’uomo che col suo accento britannico e i suoi occhi di ghiaccio ha scaraventato verso la rovina gli ormoni di miliardi di casalinghe disperate: Jude Law. Potete immaginare i picchi di entusiasmo da me raggiunti alla notizia, seguiti da un immediato e Nanico “andiamo a stalkeràr”. Quello che non avevo considerato è che ieri c’era la cerimonia d’apertura del Festival.
Appostarsi davanti all’Hotel Excelsior cercando una sola persona mentre sta per iniziare la cerimonia d’apertura è come pretendere di distinguere tra loro i figli di Brangelina. Non stupitevi quindi se, per la prima volta nella mia lunga e florida carriera di stalker, ho fallito. Ho visto uscire da quella porta ogni sorta di dama vestita da Ferrero Rocher e di cavaliere vestito da Ambrogio; ma di un Jude Law turista in laguna, nessunissima traccia. In compenso, mentre ero lì, è passata Marina Ripa di Meana con un cappello che avrebbe imbarazzato Lady Gaga. E poi, in conclusione, una coppia che mi ha lasciata morente sulle scale dell’hotel: Barbara D’urso e Daniela Santanché.
Oltre a #Venezia71, credo che l’hashtag di questo festival sarà per me #maiunagioia. Ma vi farò sapere.