In un mondo dove le pubblicità ti seguono per strada, si inneggia al culto di Batman redentore e l’uomo è letteralmente bombardato di suoni, luci e colori, trovare la propria strada è difficile se non impossibile: un lavoro ripetitivo e noioso in un cubicolo che è uno tra mille aliena la mente, crea un vuoto dentro che o si ignora o si abbraccia con tutta l’anima. Qohen Leth sceglie la seconda opzione, crea in sé stesso una compagnia sostituendo il ‘noi’ all’io e rifiuta quella degli altri, aggrappato ad un’unica fede, quella dell’arrivo di una chiamata che gli dichiarerà il senso della sua vita. Accompagnato da un Terry Gilliam che riempie la pellicola di un visivo magnifico e la rende una gioia per gli occhi e per l’immaginazione, Christoph Waltz conduce il suo personaggio attraverso la ricerca di sé in una realtà che sembra voler fare di tutto per impedirglielo, trascinandolo verso la perdita della sua fede più grande. Ma chi si illude più di tutti, l’uomo che si ostina a voler dimostrare che nulla esiste o colui che è alla disperata ricerca di un segno per confermare la sua stessa vita?
L’interrogativo è tra i più universali, e per questo all’interno del suo coloratissimo immaginario Terry Gilliam non trascura nessun tipo di elemento simbolico. Nella sua cervellotica e creativa visione mescola scienza e fede senza aver mai paura dell’eccesso, unendo due realtà attraverso un solo uomo, che vive in una chiesa adibita ad appartamento, suo intero mondo e dimora dei suoi dubbi e del suo lavoro. Uomo alla deriva, creato dall’ossessiva incertezza del suo stesso divenire, ha davanti a sé il compito di dimostrare scientificamente che nulla esiste (Il Teorema Zero) e ha alle sue spalle un crocifisso che al posto della testa ha una telecamera di sorveglianza, l’occhio di un padre disincantato e malevolo che lo trasforma in semplice strumento. Ma non basta una grandiosa idea ed una realizzazione spettacolare a rendere The Zero Theorem un film vincente: Christoph Waltz, pur regalando una performance più che ottima, non brilla come in altri suoi ruoli, e l’eccessiva ripetitività nella costruzione dello svolgimento rende il film tedioso in più punti e difficile da seguire con leggerezza. All’incanto iniziale lascia ben presto il posto una pesantezza difficile da portare sulle spalle per tutta la durata della pellicola, e che si trascina fino ai titoli di coda lasciando la sensazione di amaro in bocca per un film che, trattato con più dinamicità, sarebbe stato davvero meraviglioso e che invece si accontenta di essere un buon prodotto, ma nulla più.