Quel fantastico peggior anno della mia vita: la recensione

0

Se Wes Anderson, Michael Gondry e John Hughes si fossero uniti per realizzare un “cancer movie” con protagonisti adolescenti, probabilmente il risultato non sarebbe stato troppo distante da Quel Fantastico Peggior Anno della Mia Vita. Diretta da Alfonso Gomez-Rejon, la pellicola , in inglese Me, Earl and The Dying Girl, scardina tutti i cliché del genere seguendo il principio che vivere – o affrontare la morte – è una cosa troppo importante per poterne parlare seriamente.

Il “Me” a cui fa riferimento il ben più azzeccato titolo originale è Greg, interpretato da un impeccabile Thomas Mann, un dinoccolato adolescente “sopravvissuto” fino all’ultimo anno del liceo presentandosi come amico di tutti e di nessuno allo stesso tempo. Anche Earl (RJ Cyler), il suo unico vero rapporto interpersonale, è più un collega che un amico, come lo stesso Greg tiene a sottolineare più volte, un collega con cui realizzare divertenti parodie di film famosi come Eyes Wide Butt  e The 400 Bros. La cauta routine di Greg viene però scossa quando la madre, “la LeBron James of nagging”, lo obbliga a frequentare Rachel (Olivia Cook), una ragazza a cui è stata diagnosticata la leucemia. 

Veniamo guidati nello sviluppo di questa amicizia combinata, ma imprevedibilmente azzeccata, dalla voce narrante di Greg che con la sua visione del mondo sarcastica, disincantata, a volte inopportuna ma mai eccessivamente cinica innalza e allontana la pellicola dai facili pietismi e da quella trita retorica che ci si aspetterebbe facilmente da un film del genere. “Il mondo ha sempre riso delle proprie tragedie ed è questo l’unico modo in cui è riuscito a sopportarle”. E allora Quel Fantastico Peggior Anno della mia vita ci fa ridere, a volte di gusto, a volte anche quando non c’è proprio nulla di cui sorridere.

Share.

About Author

Leave A Reply