Patriot: la recensione della serie Amazon

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Con la sua “violenza comica”, la sua sostanziosa quota di personaggi disfunzionali e una buona dose di momenti nonsense, Patriot è stato da molti paragonato a Fargo. Probabilmente perché l’intenzione era proprio quella, un mash-up di citazionismo privo di ispirazione sui fratelli Cohen. In tutta onestà posso dirvi che, se vi piace Fargo, è meglio che continuiate a guardare quella e lasciate perdere Patriot.

Nonostante l’originalità di alcuni presupposti e il fatto che sia scritta e diretta da Steven Conrad, autore di La Ricerca della Felicità e I Sogni Segreti di Walter Mitty, la nuova serie targata Amazon Television non convinceSe il pilot, uscito quasi due anni fa, ci fa aggrottare più volte le sopracciglia (e non in senso positivo) il secondo episodio, distribuito con altre otto puntate venerdì sera, distrugge qualsiasi speranza potessimo avere nei confronti degli aspetti positivi di Patriot.

La storia è quella di John Tavner (Michael Dorman), agente segreto statunitense che, dopo essere stato catturato e torturato durante una missione fallita in Egitto, si è arenato ad Amsterdam, dedicandosi alle droghe e alla composizione di musica folk. Il timore di una proliferazione nucleare in Iran fa sì che John venga richiamato in servizio da suo fratello Eddie, un membro del Congresso USA, e dal loro padre, dirigente dell’intelligence americana, interpretato dall’ottimo Terry O’Quinn (Lost). John dovrà farsi assumere da un’impresa petrolifera che fa affari con l’Iran, partecipare a una trasferta in Lussemburgo e consegnare grosse somme di denaro a chi sostiene il candidato più conveniente per gli interessi statunitensi nelle imminenti elezioni iraniane. E si, è inutilmente complicato proprio come sembra.

Nel frattempo, il nostro eroe dallo sguardo bovino lotta per consolidare la sua posizione all’interno dell’azienda e di tanto in tanto ha pure una moglie, ovviamente bellissima e irrilevante. Proprio quando ci stiamo chiedendo se è mai possibile che nel 2017 la rappresentanza femminile in una serie tv possa essere così scarsa, entra in scena Agathe, detective della omicidi lussemburghese, che investiga sui delitti compiuti da John durante la sua missione e al contempo fa i conti col maschilismo imperante nella stazione di polizia (e nella stesura di Patriot, a quanto pare). Ci ricorda una certa Molly Solverson, chissà come mai.

punti di forza di Patriot sono la realizzazione, oggettivamente ben fatta, la regia curata, la presenza di Terry O’Quinn, che per quanto mi riguarda potrebbe interpretare una pianta di ciclamini e lo apprezzerei comunque, e le esilaranti canzoni folk improvvisate da John, in cui racconta le sue missioni in ogni dettaglio, incurante di chi possa sentire. Le debolezze sono tutto il resto: la trama per nulla avvincente, il protagonista con cui è impossibile empatizzare, i comprimari dimenticabili e tanti altri difetti sui quali, però, troneggia la frustrazione per lo spreco di potenzialità a cui si è costretti ad assistere guardando queste due puntate. Si può perdonare una serie mal fatta, ma non una che aveva i mezzi per essere valida e li ha sperperati nel tentativo di replicare il successo di altre serie. Infatti il senso di deja-vu è fortissimo, tutto sembra ripreso da qualche film o serie degli anni scorsi. Peccato.

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Aspirante sceneggiatrice, ha una dipendenza da popcorn e non sa vivere senza una tastiera. Nel tempo libero pratica il binge-watching e si rende impopolare snobbando Sorrentino. Estimatrice di fantasy e sci-fi e appassionata di cinema d'animazione, è portatrice sana di sindrome di Peter Pan.

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