La mia famiglia a soqquadro, la recensione del film di Max Nardari

0

Ma quanto è bello avere una famiglia unita? Con i genitori che si amano, fratelli o sorelle con cui si va d’accordo e ci si passa insieme tutte le vacanze. Ecco, per Martino tutto questo è ormai diventato un inferno. Ormai va di moda infatti avere le famiglie allargate, il che vuol dire più regali, più weekend da passare fuori città, più opportunità di farsi amici. Per questo motivo il bambino decide che è arrivato il momento anche per lui di avere questi privilegi ed escogita un modo per far lasciare i suoi genitori, tra gelosie ed inganni.

Questa è La mia famiglia a soqquadro, ennesima commedia sfornata dal nostro cinema che però sembra voler rifiutare a tutti i costi la connotazione di prodotto italiano. Infatti, pur essendo il film ambientato a Terni, non ha niente a che vedere con la provincia: i bambini vanno in una scuola dove si indossa la divisa, nessuno parla nessun tipo di dialetto, non c’è alcun riferimento a località e tradizioni. Dove porta questa scelta di sceneggiatura? Ovviamente da nessuna parte. Non è l’ostentazione del tentativo di aprirsi ad altre realtà di cinema europee di Max Nardari a dimostrare che anche noi, se vogliamo, possiamo uscire dal nostro nazionalismo. Anzi, è proprio questa mancanza di collocazione spazio-temporale a rendere il film assolutamente stantio ed irreale. Sotto questo punto di vista non aiuta la caratterizzazione attoriale né tantomeno le fantasiose trovate bambinesche messe in scena. Tutto sembra veramente troppo (volutamente) amatoriale e superficiale da chiedersi, ancora, di quanto ce ne fosse bisogno che ci venisse raccontata questa storia, soprattutto se i protagonisti sembrano i primi a non volerlo fare.

Share.

About Author

Leave A Reply