Piccoli Crimini Coniugali: la recensione del film con Sergio Castellitto e Margherita Buy

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Una macchina è inquadrata da dietro mentre percorre la strada. Al volante il guidatore, sul sedile posteriore due passeggeri, una donna dai capelli chiari e un uomo con un cerotto sulla nuca.

Tratto da una commedia teatrale di Eric-Emmanuel Schmitt, Piccoli Crimini Coniugali ragiona sul complicato nucleo della coppia, quello da cui nasce il futuro nucleo famigliare oltre ai disagi che due io generano nella loro unione. Alex Infascelli insieme alla sceneggiatrice Francesca Manieri decide di rimanere fedelissimo alla commedia del drammaturgo francese, ambientata esclusivamente in un unico spazio, il moderno e freddo appartamento della coppia, i cui molteplici oggetti d’arredamento sembrano avere vita propria. La casa di Gilles e Lisa (Sergio Castellitto e Margherita Buy) si muove e interagisce con i suoi personaggi, quasi come fosse parte integrante del mistero da risolvere che s’infittisce durante il film, legato a quel cerotto alla nuca.

Le foto artistiche di Lisa appese al muro, i libri scritti da Gilles e posti in bella vista, l’alternarsi di bianchi accesi e di neri lucidi, tutto contribuisce a fare da sfondo a una freddezza fra i due che sembra non sparire neanche con le fiammate programmate e battagliere dell’elegante caminetto  elettrico. Perché in fondo è proprio di una battaglia vera e propria che stiamo parlando, la battaglia di coppia, in cui i ruoli di potere non fanno che scambiarsi, in cui proprio come attori  si recita una parte che occorre salvaguardare. Questo soprattutto quando si litiga e Piccoli crimini coniugali è una lunga grande lotta, dove ad ogni finta tregua segue un’altra vera battaglia.

Infascelli riprende i suoi due attori, ben calati nella parte, mentre si muovono in un ambiente che dovrebbe esser loro familiare, ma che invece rappresenta più un involucro gelido di un rapporto cambiato. L’idea di restituire completamente il testo teatrale nulla leva alla riuscita di questo film, laddove il discorso della realtà di coppia non cessa mai di avere qualcosa da dire, soprattutto se come Schmitt si dà una lettura del duo amoroso come associazione a delinquere. Quel che convince meno  è la completa trasposizione di una visione teatrale dietro la macchina da presa e tutto quel che ne consegue, ad esempio l’azione che sboccia più dai dialoghi che dagli eventi. Ci sembra che ciò che a teatro sia legato al corpo e al respiro dell’attore  a pochi metri da chi guarda, riesca meno invece col medium dello schermo e della macchina da presa. Male arriva quindi una certa dose di perversione e morbosità dal rapporto fra Gilles e Lisa.

Viene da pensare (con tutte le precauzioni del caso) a Il dio del massacro della drammaturga Yasmina Reza, diventato poi il Carnage di Roman Polanski, ma anche andando più in indietro a Nodo alla gola di Alfred Hitchcock. Sebbene i temi raccontati fossero differenti ciò che meglio riusciva era proprio la tensione necessaria per conquistare fino in fondo l’attenzione dello spettatore, tensione che investiva ogni dialogo ed ogni movimento del volto, in una follia sempre più in crescendo. Da questo punto di vista Piccoli Crimini Coniugali, pur riuscendo in certi picchi, si mantiene spesso su un piano un po’ mozzato, che sottrae un qualcosa all’implosione e alla conseguente esplosione che avviene sullo schermo.

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