Assassinio sull’Orient Express: la recensione del film di Kenneth Branagh

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Un misterioso omicidio e dodici possibili colpevoli, bloccati su un treno in mezzo alla neve: tutti conoscono la trama di Assassinio sull’Orient Express, forse l’opera più celebre di Agatha Christie. È stato più volte adattato, per esempio nel film del 1974 diretto da Sidney Lumet, o nella più recente versione per la tv con David Suchet nei panni di Hercule Poirot. Si capisce, dunque, come una nuova versione per il grande schermo possa aver suscitato tanta aspettativa quanto scetticismo.

Kenneth Branagh, che non solo interpreta il famoso investigatore belga ma è anche regista e co-produttore del film, deve essersi reso conto dell’impossibilità di accontentare gli aficionados. Si è allegramente preso alcune libertà narrative, compensando con la fedeltà al testo originale in altri ambiti: perciò abbiamo sì un Poirot inedito, che corre e, parbleu! fa anche a pugni, ma almeno viene resa giustizia ai suoi rinomati baffi, descritti nel romanzo come enormi e che per la prima volta compaiono su uno schermo con la dovuta imponenza.

La scelta di movimentare il tutto con qualche scena d’azione ripaga, sostenendo il ritmo del film e ampliando l’ambientazione al di fuori dei canonici tre vagoni, cosa che permette di sfruttare gli splendidi paesaggi e le località esotiche attraversate dai protagonisti. Le musiche di Patrick Doyle, fidato collaboratore di Branagh, accompagnano egregiamente le scene più concitate e creano un’adeguata atmosfera di suspense. Più complicata è stata le gestione di tanti personaggi, in particolare con un cast tanto consistente. Star come Penelope CruzWillem DafoeDaisy Ridley e Judi Dench, si affollano senza riuscire a dar pienamente prova della loro bravura, così come una Michelle Pfeiffer in forma smagliante e due istituzioni britanniche quali Olivia Colman e Derek Jacobi. Meno sacrificato, Johnny Depp riesce a dar vita in modo molto convincente al perfido Ratchett. Questo perché il suo personaggio ha maggior spazio all’inizio del film, in cui le tempistiche sono dilatate: come il treno stesso, anche la storia ha una partenza lenta e impiega un po’ a trovare il ritmo. Sul finale, però, arriva quasi a deragliare. La tanto attesa soluzione del mistero è affrettata e poco chiara in alcuni punti, soffermandosi più sulle motivazioni del delitto che sull’effettiva esecuzione.

Ciò che invece è evidente a tutti è l’affetto di Branagh per la storia e i personaggi, l’entusiasmo e la cura che riversa nella sua regia. Il risultato è imperfetto ma piacevolissimo, al punto che è già stato annunciato il prossimo capitolo, Poirot sul Nilo. Insomma, rimaneggiare un’opera tanto amata è stata una scommessa, e pare proprio che Branagh abbia vinto.

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Aspirante sceneggiatrice, ha una dipendenza da popcorn e non sa vivere senza una tastiera. Nel tempo libero pratica il binge-watching e si rende impopolare snobbando Sorrentino. Estimatrice di fantasy e sci-fi e appassionata di cinema d'animazione, è portatrice sana di sindrome di Peter Pan.

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