Split: la recensione del film di M. Night Shyamalan

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Secondo una teoria scientifica noi siamo quello che siamo solo perché l’uso del nostro cervello è limitato. Se noi andassimo oltre l’utilizzo del canonico 10%, potremmo modellare il nostro corpo a seconda delle nostre esigenze ed arrivare a sconfiggere, paradossalmente, anche la morte. È difficile verificare se queste supposizioni siano realmente fondate, ma su base teorica il fatto che noi ci auto-imponiamo delle costrizioni fisiche è del tutto plausibile. Questo è quello che in Split cerca di far capire la dottoressa Fletcher alla comunità medica ed è quello che lei ha verificato su diversi pazienti affetti dal disturbo di personalità multipla. Una sindrome che non solo implica la convivenza in un unico corpo più aspetti caratteriali, ma anche diverse modalità di modellare il corpo. C’è un paziente in particolare, Kevin, che ha sviluppato 23 personalità in grado di apparire a seconda dell’esigenza del momento.

Su questa base di verosimiglianza un maestro cinematografico della manipolazione della mente come M. Night Shyamalan cerca di costruire un intero film in cui lo spettatore rimane involontariamente intrappolato in una rete di suspence e fascinazione. Sarà perché James McAvoy riesce ad essere convincente in ogni cambiamento di persona, sarà perché l’espediente delle ragazze in trappola in lotta per la sopravvivenza nei thriller funziona sempre. Per i tre/quarti della sua durata Split ci fa credere che si è di nuovo di fronte ad una grande opera di tensione del regista di The Village; poi però qualcosa nei minuti finale si rompe. Quando si è quasi vicini a convincersi che tutto quello che stiamo vedendo può essere reale, il film comincia a sconfinare in qualcosa che inizialmente non gli apparteneva. Tutta la credibilità della prima parte viene abbandonata a favore di un inno alla diversità ed alla vulnerabilità, interessante da un punto di vista teorico ma controproducente ai fini della forza narrativa che si va perdendo tra flashback superflui e un finale meno sorprendente di quello che voleva essere. Split rimane quindi un thriller dalle straordinarie possibilità che ferma la sua corsa proprio dove doveva accelerare. Proprio dove il fattore Shyamalan doveva tornare all luce, di nuovo.

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