“Tutto si può perdonare ad un cantante, tranne il cantare senza sentimento” afferma convinto St. Clair (Hugh Grant), manager e marito dell’ereditiera Florence Foster Jenkins (Meryl Streep), generosa mecenate alla quale molto si può rimproverare, ma di certo non l’entusiastica passione che anima i suoi vocalizzi. Florence, amante della lirica e fervida sostenitrice della scena musicale newyorkese, guarda il mondo della musica con gli occhi scintillanti di un bambini incollato alla vetrine di un negozio di giocattoli. Prende lezioni di piano dal miglior insegnante del Metropolitan Open House e sogna il giorno in cui si ammalierà il pubblico come Lily Pons e riempirà il Carnegie Hall come Sinatra. Ma come tutte le più struggenti storie d’amore, quello tra lei e la lirica è un sentimento non corrisposto. Convinta delle sue dote canori, e cullata dal marito e da chi la circonda in questa illusione, Florence è in realtà incredibilmente stonata.
Stephen Frears con Florence Foster Jenkins ci presenta un film sul potere dell’immaginazione, sulla cecità delle passioni e sui gesti d’affetto – a volte al limite del ridicolo – che si compiono per supportare chi si ama. Tratto da una storia vera, la pellicola trasporta in un mondo in cui Florence è interprete e spettatrice allo stesso tempo: è protagonista delle sue performance, degli show che organizza, ma è l’inconsapevole referente di una farsa messa in scena solo per i suoi occhi, per conservare le sue illusioni.
Sono molte le note stonate della pellicola, soprattutto nello scioglimento finale. Nel complesso, Frears si poggia su una sceneggiatura, scritta da Nicholas Martin, che avrebbe potuto essere molto più sarcastica e divertente, e che invece affida le risate solo alle espressioni di Simon Helberg (The Big Bang Theory) e all’assurda ed ingenua convinzione della protagonista della sua bravura.
Come Florence, il film è splendente ed accattivante nella confezione, grazie alle scenografie di Alan MacDonald e i costumi di Consolata Boyle (che già avevano lavorato con Frears in The Queen e Philomena), ma povero nei contenuti. Però, sempre come la protagonista, ha un grande cuore e una dolcezza contagiosa che, alla fine, ti spinge ad applaudire.