Berlinale 2017: The Lost City of Z, la recensione del film di James Gray

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L’uomo che caccia gli animali, l’uomo che viene cacciato da altri uomini. C’è sempre chi rincorre e chi viene rincorso in questo The Lost City of Z dove la protagonista dovrebbe essere una città ancora da (ri)scoprire in Amazzonia. Invece al centro di tutto c’é l’ambizione di un solo uomo, l’esploratore Percy Fawcett, che rincorre qualcosa di immateriale che si tramuterà in ossessione. A chi gli dice che non può farcela risponde con le azioni, fino poi a scontrarsi con i propri limiti, quelli tipici degli uomini di James Gray che ad un certo punto devono fare sempre i conti con le proprie fragilità.

Il regista inglese é tutto lì, nella capacità di far emergere il carattere più intimo di ogni personaggio ed approfondirlo, analizzarlo e poi lasciarlo andare. Qualcosa però di questa peculiarità del suo cinema si sta perdendo. Si era già notato con The Immigrant e si ritrova anche in quest’ultimo film. Si ha l’impressione che i confini dei suoi personaggi non gli bastino più e sente la necessità di studiare altro. Oltre all’interesse sviluppato nei confronti degli avvenimenti storici, é uno studio approfondito sulle immagini quello che emerge maggiormente. Le inquadrature, i colori, le sfocature di The Lost City of Z superano per interesse di gran lunga quello scaturito dal tratteggiamento superficiale dei suoi protagonisti. E’ stata approcciata la materia della sceneggiatura come se fosse quella di un film colossal, il cui risultato é assolutamente valido, ma non sensazionale. Le situazioni si ripetono, le interpretazioni anche e si ha il sentore che tutto si appiattisca dopo poche sequenze.

Quello che più rimane é però la domanda del perché James Gray abbia preso questa strada. Quando si legge il suo nome nei titoli di coda si resta un po’ sorpresi e ci si chiede che cosa abbia portato il regista di Two Lovers ad un prodotto come questo. E’ una questione che di fatto non trova realmente fondamento, i registi bravi rimangono tali anche quando cambiano prospettiva di interesse. Resta però da dire che chi ha amato lo sguardo di Gray tra le strade di New York rimarrà straniato da quello che potrebbe trovare tra le foreste dell’ Amazzonia, le quali invece potrebbero riscontrare apprezzamento in un altro tipo di pubblico. Sono poli opposti dello stesso universo ma Gray devo ancora trovare meglio il modo per far sembrare tutto in equilibrio.

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