Frutto di un lavoro durato anni, forse il più grande dispendio di energie e denaro di sempre per la Toei Animation, il Capitan Harlock diretto da Shinji Aramaki si presenta all’inevitabile incrocio fra il mito e la sua moderna rivisitazione con vesti sgargianti e sontuose e accattivanti a dir poco, ma ne esce tuttavia sconfitto. Oltrepassato il muro solidissimo dell’impeccabile comparto tecnico, si ha infatti la sensazione che la trama, nonostante molti buoni spunti, abbia smarrito nello spazio il romanticismo e il fascino dell’opera originale a favore di una grandiosa ma prevedibile epicità. La messa in scena, va detto, spinge in alto la goduria visiva come Atreyu a cavallo di Falkor ne La Storia Infinita, trascina lo spettatore in un universo spaziale dove le microespressioni impeccabili dei personaggi suggestionano quanto le grandi esplosioni e prospettive delle meganavi spaziali. Ma se la pellicola si presenta graficamente sublime, non eccelle invece nelle capacità coinvolgenti dei dialoghi e di una storyline che, per la sua quasi interezza (115 minuti circa), viene offuscata da una soporifera e inutile nebbia retorica, a scapito di possibili risvolti brillanti.
Il personaggio di Capitan Harlock rappresenta alla perfezione le mancanze del film: cupo come non lo si era mai visto e altrettanto fascinoso nel consueto mantello nero, le sue rare comparse offrono alle palpebre intensi istanti di applausi, arrossano le guance di godimento, ma non hanno la forza per rapire né smuovere il cuore dello spettatore; inoltre, la spettacolarità forzata delle sue entrate in scena, mal supportata dal contenuto delle sue parole e dal valore dei suoi gesti, come la sventagliata teatrale del mantello a chiudere ogni sua apparizione, toglie invece che aggiungere spessore a una personalità reietta e multistratificata meritevole di più spazio introspettivo. Nel complesso il Capitan Harlock di Aramaki, divinamente animato e scevro di buchi narrativi, vanta una buona reinvenzione epica delle origini del mito e si rivela capace di far rivivere, forse un po’ troppo alla maniera di Guerre Stellari, un universo in cui la pirateria regna sovrana, simboleggiando l’ultimo baluardo della libertà. Indubbiamente, se non fosse per le mattonate di morale rovesciate barbaramente nelle orecchie degli inermi spettatori, si potrebbe parlare davvero di Grande Ritorno.