Il Castello Magico: La Recensione

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Attorno al prestigioso lavoro multimediale dei grandi sovrani Pixar e Dreamworks, oltreoceano si stanno certamente sviluppando tentativi di competizione, che negli ultimi anni a stento hanno raggiunto il livello di eccellenza espresso dei concorrenti americani. Ben Stassen e Jérémie Degruson, coppia di registi che si dividono tra un continente e l’altro con base in Belgio, hanno aperto una serie di esperimenti d’animazione digitale con Le avventure di Sammy e Sammy 2 – La grande fuga, raccogliendo ben poco, complici tecniche non proprio rifinite e plot che somigliavano in maniera evidente ai cugini disneyani. Il duo ci riprova dunque con Il castello magico, nato da idee risalenti ad un decennio fa (il progetto iniziale si chiamava Haunted House) e sviluppato seguendo lo schema classico di ogni favola: l’abbandono, la scoperta del nuovo, l’alleanza per sconfiggere un avversario materialista, il consiglio del saggio che insegna ai piccoli la magia della vita.

Tutto sembra funzionare al meglio nel cartone, sintomo di un miglioramento nei dettagli d’animazione e nelle scelte registiche: una delle sequenze più riuscite infatti, è la soggettiva del gattino Tuono che percorre la casa stregata saltando da un oggetto all’altro, rivelando così gli infiniti particolari di un lavoro meticoloso e al contempo semplice,  come la storia che racconta. Ne Il castello magico il passato si fonde con il nuovo; la magia dell’anziano Lawrence, che la società vorrebbe sopprimere, crea una visione d’insieme molto dolce e rassicurante. A ricordarci il potere della magia arriva proprio quella telecamera, oggetto cinematografico per antonomasia, che appare di tanto in tanto nella stanza delle chiacchiere tra uomini e animali, simbolo di un cinema di finzione che ha ancora voglia di meravigliare i piccoli e i grandi sfruttando mezzi elementari e sfogliando i topos della cultura letteraria con innovazione.

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