Venezia70: Night Moves, la Recensione del film con Jesse Eisenberg e Dakota Fanning

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Il modo in cui trattiamo il nostro pianeta da svariati secoli, sregolato e senza rispetto per la natura, ispira da anni svariate pellicole di protesta – sia di finzione che documentaristiche. Night Moves si aggiunge timidamente al filone, con la speranza di smuovere la coscienza del pubblico, sfruttando il linguaggio madre del thriller e della tensione; la volontà di tre ragazzi di organizzare una grossa azione dimostrativa contro una società elettrica del Paese muove l’intera prima parte, con pochi dialoghi e paesaggi oscuri, durante la seconda si innesta invece la marcia della paura e dell’ansia, che trasforma il progetto in uno pseudo horror di terza categoria. Nonostante i buoni propositi dei generi citati, la pellicola è tutt’altro che ritmata, come qualsiasi manuale di cinema vorrebbe.

La scrittura procede lenta e con freddo, rigoroso distacco, e non tocca neppure per errore la volontà critica dello spettatore; giunti al cambio di rotta, ovvero al momento chiave che dovrebbe cambiare le sorti della sceneggiatura, ad accelerare è soltanto la noia, spinta clamorosamente da un montaggio e una direzione sotto la media, una coppia di attori immobili, una fotografia di qualità scadente sia per quanto riguarda la qualità tecnica, sia per l’illuminazione fisica dei set. Kelly Reichardt abbandona per strada i buoni propositi della partenza come sassolini di Hansel e Gretel, arrivando senza impegno alla ridicola chiusura; Jesse Eisenberg e Dakota Fanning si confermano una coppia decisamente male assortita, impietrito il primo, isterica e fuori controllo la seconda. Quel che resta è una grande occasione perduta, accanto agli sbadigli e al silenzio.

Lo stato dell’Oregon, nel quale il film è girato, e le sue locations sono di indubbio fascino.
La direzione generale del progetto è assolutamente insufficiente, la sceneggiatura è dilatata all’inverosimile sino ai confini della noia.
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