Arriverà nelle sale italiane il 2 ottobre il nuovo lavoro della coppia Frank Miller e Robert Rodriguez, che già con Sin City avevano rivoluzionato il genere cinecomic portando la striscia sul grande schermo e che, nove anni dopo, rinnovano il loro impegno con Sin City2: A Dame to Kill For. Oggi a Roma hanno presentato il loro nuovo lavoro in un incontro politematico che ha toccato vari discorsi, dalla lavorazione del film alla trasposizione del fumetto sul grande schermo, fino al lavoro sugli attori.
Frank Miller non nasce come regista, ma Robert Rodriguez sembra aver rinunciato al suo titolo pur di creditarlo come tale all’interno dei due film. Ha raccontato infatti che “La Director’s Guild ha delle regole molto rigide per quanto riguarda la codirezione dei film, non si possono creditare due registi a meno che non abbiano già lavorato insieme. Per me era importante che il nome di Frank comparisse, perché il processo che ci ha portato a creare i due Sin City è stato comune, quindi ho rinunciato alla mia iscrizione per poterlo creditare.” In realtà, secondo le parole di Frank Miller, Rodriguez è fin troppo modesto: “Robert voleva addirittura togliere il suo nome e mettere solo il mio. È quel tipo di persona, è incredibilmente generoso”.
Frank Miller racconta di una collaborazione quasi paradisiaca, arrivando a scherzare dicendo che “sono arrivato a pensare che siamo fratelli separati alla nascita. Con lui sono riuscito a raggiungere un’idea di cinema nuova, all’inizio non pensavo fosse possibile adattare Sin City per il grande schermo, e quando ci trovavamo di fronte ad un problema mi chiedevo: ce la faremo a farla? Ben presto invece ho iniziato a chiedermi: chissà come farà a farla. Ero sicuro che sarebbe riuscito a fare qualsiasi cosa”.
In Sin City 2 sono molti i personaggi nuovi, uno su tutti quello di Eva Green. A parlarne è proprio Frank Miller, che racconta la collaborazione dell’attrice come “la creazione di una femme fatale ai massimi livelli: Eva la interpreta all’apice delle sue possibilità, e funziona perfettamente proprio per questo. Ci ha messo davvero tutto in questo ruolo, quello di un personaggio terrificante, sexy ma nello stesso tempo anche molto tragico”. Robert Rodriguez aggiunge, inoltre, dettagli sulle scene di nudo che nel film sono moltissime – in linea con i fumetti disegnati da Miller. “È stato molto più facile avere a che fare con le scene di nudo, perché abbiamo potuto mostrare alle attrici il fumetto in cui, ugualmente, sono presenti. Attraverso il fumetto hanno capito come sarebbero state fatte e hanno realizzato che la nudità era funzionale alla storia e molto artistica. Avere il fumetto è stato importante, se lo avessero letto solo sulla sceneggiatura sicuramente sarebbero state più restie”.
Anche la scelta di lasciare a Josh Brolin tutte le scene del personaggio di Dwight, invece che ricollegare il tutto al primo Sin City lasciando interpretare la scena finale a Clive Owen, è stata spiegata ampiamente. “All’inizio avevamo in mente due attori per Dwight, poi abbiamo scoperto che Clive non sarebbe stato disponibile prima di sei mesi a causa di un’altra lavorazione. A noi andava bene comunque, quindi abbiamo lasciato la sua scena per ultima, ma alla fine della lavorazione con Josh Brolin ci era rimasto un giorno libero, quindi abbiamo deciso di provarla con lui. E abbiamo capito che funzionava perfettamente ed avrebbe aiutato il pubblico a rimanere in linea con l’evoluzione del personaggio.”
Non manca nemmeno una frecciata finale dedicata all’operazione di Zach Snyder e all’attesissimo Batman V Superman da parte di Frank Miller, autore di numerosi fumetti oltre che di Sin City. “non ho visto il primo trailer e non ho intenzione di vederlo. Possono fare tutta la merda che vogliono, ma per fare dei bei film tratti da un fumetto bisogna prima di tutto controllare il materiale di partenza. Io comunque non detengo i diritti, sono solo uno scrittore: la Marvel può fare con i miei personaggi quello che vuole, io ho imparato che la vita è troppo breve per preoccuparsi di tutto e ci sono troppi cani affamati che vogliono l’osso”. E a chi chiede se ha mai lavorato ad Hollywood, Frank Miller risponde piuttosto lapidario: “Non ci ho mai lavorato: ho lavorato ad Austin, in Texas, perché gli adattamenti migliori sono sempre quelli che rimangono fedeli alla fonte.”